10 Agosto 1456
Era un giorno piovoso nella piccola Lodi.
La quiete di questa città fu interrotto dalle grida di dolore proveniente da un umile abitazione.
Una donna stava partorendo, accanto a lei c'era il suo amato marito e suo figlio Pier.
La levatrice cacciò tutti fuori dalla stanza, perché era arrivato il momento tanto atteso.
Le ordinava di respirare profondamente e di spingere ogni volta che aveva le contrazioni.
La quasi neomamma era stanca, stravolta, ormai mancava solo un'altra spinta e avrebbe abbracciato finalmente la sua creatura.
Fuori dalla porta c'era suo marito Ernesto e suo figlio Pier che cercavo di percepire ogni singolo rumore per rendersi conto di cosa stesse succedendo.
All'improvviso le grida cessarono... un silenzio tombale ... dopo qualche minuto si poté udire le grida incessanti di un neonato.
I due aprirono subito la porta e videro con occhi gioiosi Chiara, che aveva tra le mani un tenero fagottino.
Era la creatura più bella che avessero mai visto, sembrava un angelo con i capelli dorati e con grandi occhi azzurri.
La donna ancora stanca per lo sforzo, gli sorride e disse:
"Lei è Serenedi, la nostra bambina."
Pier porse il suo dito alla bambina che lo avvolse con la sua manina delicata.
Il fratellino era davvero felice, mostrò uno dei suoi sorrisi smaglianti.
"Benvenuta al mondo Serenedi."
Tutti quanti si strinsero in un abbraccio pieno d'amore. La loro vita sarebbe cambiata, la loro famiglia si era allargata.
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...13 anni dopo...
Il tempo passò così in fretta... Serenedi ormai era cresciuta, aveva appena compiuto 13 anni e con suo fratello Pier andava ogni mattina a dare una mano alla mamma, che vendeva i prodotti della loro terra al mercato. Era così felice quando poteva rendersi utile.
Era una mattina come tutte le altre, ammirava la gente che passava lungo la strada, la sua attenzione venne attratta da un essere piccolo, era un gattino che vagava tutto solo in cerca di cibo.
La bambina si allontanò per un istante dalla bancarella per accorrere in aiuto di quel dolce animaletto.
Lo accolse con calore tra le sue braccia, si avvicinò alla mamma e la guardò con occhi piagnucolosi.
Lei la sorrise con gioia, le parole tra loro due non bastavano, si capivano all'istante con un solo sguardo.
Così la piccola Serenedi versò nella ciotolina un po' di latte cercando di prendersi cura di quell'animaletto indifeso.
Tornati a casa dopo una lunga giornata, la piccola mostrò al suo papà il nuovo componente della famiglia.
Il padre le sorrise, la prese in braccio e l'abbracciò amorevolmente.
Dopo cena tutti andarono a dormire perchè l'indomani sarebbe iniziata una nuova giornata.
Serenedi poggiò sul suo lettino la piccola bestia e si addormentò vicino a lei.
Piccoli lampi di luce illuminavano la casa, alternati da rumori paurosi.
Una tempesta stava arrivando.
Un po' di acqua piovana sgocciolava dal tetto, purtroppo la casa non stava nelle migliori condizioni.
Iniziò a diluviare pesantemente e un vento fortissimo stava travolgendo tutto quello che c'era in strada.
In casa si sentivano tanti scricchiolii.
All'improvviso un rumore forte fece svegliare tutti, parte del tetto era crollato.
Ernesto e Chiara, si svegliarono di colpo, si alzarono di corsa dal letto cercando di raggiungere la camera dei loro bambini. Iniziarono a gridare, incitando i loro figli a fuggire via.
Un istante dopo la casa crollò. C'erano macerie dappertutto, la pioggia insistente ormai si stava affievolendo fino a scomparire.
La piccola Serenedi era sdraiata a terra dolorante, non era abbastanza cosciente da capire cosa fosse successo.
Si sentì sollevare, la sua vista era annebbiata, un uomo stava cercando di salvarla dalle macerie.
Fu il suo ultimo ricordo prima di svenire e cadere in un sonno profondo.
Passarono 4 anni dal crollo, ma lei non ricordava molto. Per tutto questo tempo si svegliava di notte sempre agitata con le lacrime agl'occhi per colpa di un incubo ricorrente.
Si trovava in una casa accogliete, tra le braccia della sua mamma, del suo papà e del caro fratello; erano davvero felici, tutti erano circondati da un aurea meravigliosa, tanto luminosa.
Poi all'improvviso tutto diventava buio, un rumore allucinante.
Si ritrova là immersa nella casa crollata accolta da un uomo che le aveva salvato la vita.
Era stufa di questi sogni, aveva sempre l'ansia prima di andare a dormire, la sua paura si leggeve negli occhi, così finalmente decise di cercare qualcosa per riportare alla luce tutti i suoi ricordi.
Voleva avere un passato prima di pensare al suo futuro.
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Iniziò a vagare per le strade di Lodi senza meta, era davvero sconvolta.
Si fermò di colpo, i suoi occhi riconobbero alcuni tratti del paesaggio.
I suoi piedi iniziarono a muoversi come se avessero una propria volontà, la condussero in lungo deserto, c'era tanta vegetazione ma anche dei residui di legna marcia.
Il suo sguardo si posò su un oggetto in particolare, era una bambola di pezza, la prese tra le mani ed ebbe come un flashback.
All'improvviso ricordò tutto, una fitta al cuore la percosse, le gambe diventarono gelatina, infatti cadde senza forze con le ginocchia a terra.
Le lacrime le solcarono il viso, rigandolo con tutto il dolore che aveva provato e continua a sentire.
Ormai aveva ritrovato il suo passato e non riusciva a lasciarlo andare via.
Il dolore era troppo grande, aveva perso le persone che amava e non poteva riaverle indietro.
Con la manica della maglietta cercava di asciugarsi le lacrime inutilmente, non riusciva proprio a controllare quel fiume che scorreva dai sui grandi occhi.
Cercò di rialzarsi lentamente, ma quasi le mancavano le forze, strinse a sè la bambola e iniziò a vagabondare per le strade della città come una persona priva di vita.
Stanca dalla giornata pesante e dalle rivelazioni sconvolgenti, decise di ritornare a casa.
Si buttò di peso sul letto e chiuse gli occhi cadendo in un sonno profondo.
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Lei era cresciuta nella taverna municipale.
Quando era ancora piccola e incerta su quale sarebbe stato il proprio futuro, trovò delle persone splendide ad accoglierle nella sua nuova vita.
Le diedero da mangiare, un posto dove vivere e l'avevano aiutata a trovare un lavoro.
Ogni tanto andava in miniera, si spaccava la schiena ogni giorno, le sue mani erano piene di ferite e i suoi vestiti erano perennemente sporchi.
Quando capitava riusciva a trovare qualche lavoro nei campi.
Ma non era abbastanza forte per fare lavori che le potessero far guadagnare il necessario per avere una vita tranquilla.
Ha sempre dovuto rimboccarsi le maniche per guadagnare una mollica di pane, per cercare di sopravvivere in quella piccola città che ormai era diventata grande ai suoi occhi, era impaurita ogni giorno, ma per fortuna ogni volta che tornava nell'alloggio della taverna il sindaco e sua moglie la rassicuravano.
La sua maggiore ricchezza erano proprio i suoi amici... il tesoro più grande.
Un giorno mentre sorseggiava una tisana vicino al bancone della taverna, si sedette affianco a lei un uomo.
Aveva un'aria familiare, non capiva dove l'avesse visto prima.
Il viso dell'uomo era scavato forse dalle troppe lacrime; la paura e la sofferenza gli scavavano gli occhi.
La sua aura negativa era percepibile a poca distanza.
Serenedi fece un gesto alla sua amica taverniera per offrire un boccale di birra al cavaliere sconosciuto.
Lui si rivolse a lei con un sorriso per ringraziarla e si voltò di nuovo avanti a sé con lo sguardo perso nel vuoto.
Ogni sera quell'uomo era presenta in taverna, con lo stesso umore delle sere precedenti.
Serenedi voleva scoprire quale peso portava addosso questa povera creatura da creargli tutta quella sofferenza.
Un giorno decise di rivolgergli la parola, era intimidita dalla sua presenza ma si fece coraggio.
"Scusatemi Messere cosa c'è che vi turba?!? Lo so che non sono affari miei, ma..."
Non riuscì a finire la frase che l'uomo la guardò con quegl'occhi pieni di dolore.
"Penso alla mia adorata famiglia, alla mia piccola sorellina che ho perso. Non sono riuscita a salvarla, almeno lei; era così giovane..."
La sua angoscia era percepibile ad occhio nudo, tratteneva le lacrime a stento, strinse a sé con tanta forza il boccale di birra.
Serenedi rimase a bocca aperta, perché la sua storia era simile.
Con esitazione chiese:
"M-messere... come si chiamava la vostra sorellina."
Con voce debole e rauca le rispose:
"... Serenedi".
Il colpo fu duro e violento, sentì una fitta al cuore e un dolore immane come se le stessero infliggendo tante pugnalate.
Non riuscì più a trattenere le lacrime, i singhiozzi presero padronanza del suo corpo, non riusciva a fermarsi.
Il cavaliere la guardò confuso, non capiva cosa stesse succedendo.
Serenedi si chinò verso di lui abbracciandolo forte.
"Fratello mio... credevo fossi morto."
Pier rimase paralizzato per qualche istante, cercando di riassimilare tutto quello che stava succedendo in quel momento.
I suoi occhi cedettero a quel continuo pulsare delle lacrime.
Entrambi si abbracciarono così forte da non volersi lasciare più.
La piccola ormai adulta Serenedi aveva trovato parte del suo cuore, il suo dolce e premuroso fratello Pier.
Non l'avrebbe lasciato più, voleva godersi ogni singolo momento con lui e sapere in questi anni tutto quello che aveva fatto.
I due rimasero a parlare in taverna per tutta la notte, accogliendo la gioia persa tanti anni fa.
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La vita scorreva tranquillamente per Serenedi. Ritrovare il fratello fu davvero un toccasana per lei.
I due non si lasciavano mai, cercavano sempre un modo per rivedersi e passare un po' di tempo assieme.
Nonostante la vicinanza del fratello, sentiva sempre l'esigenza di avere di più, voleva avere dei genitori amorevoli al suo fianco, che gli avrebbero dato tutto l'amore perduto in quegli anni terribili di solitudine.
Mentre stava in taverna conobbe un uomo dolce ma allo stesso tempo autoritario, era affascinata da lui, tanto da chiedergli di fargli da padre putativo, lui accettò con gioia.
Finalmente Serenedi stava recuperando i pezzi di una vita iniziata male, cercando di ritrovare l'amore che gli serviva e la tanta attesa felicità.
Durante questo periodo, grazie ai suoi sforzi, riuscì ad ottenere un campo di mais.
I soldi guadagnati l'aiutarono a mangiare cose sempre nuove.
Adorava assaporare quel gusto squisito di una bistecca cotta sul fuoco, ne andava davvero ghiotta.
Più il tempo passava e più cercava di ritagliare un posto in questa vita angosciante.
Iniziò a frequentare anche la foresta, per raccogliere legna e molte volte si ritrovava a viaggiare per vendere i prodotti del suo campo e i tronchi raccolti.
Intanto la ragazza non si faceva mancare nulla, era giovane, bella, simpatica e molto spigliata.
Faceva battere i cuori di molti uomini e a lei piaceva giocare con il suo fascino.
Aveva avuto qualche fidanzato ma nessuna storia importante.
Un giorno mentre era in viaggio da sola venne circondata da briganti, che volevano aggredirla per derubarla.
Era impaurita, si sentiva così vulnerabile e sola.
All'improvviso vide davanti i suoi occhi i due briganti mentre cadevano per terra.
Erano stai colpiti di sorpresa da qualcuno.
Serenedi scrutò il giovane cavaliere, aveva i capelli neri, gli occhi di un castano acceso.
Lui gli tese la mano per tranquillizarla, i due si guardarono in modo intenso, l'amore scattò immediatamente.
Lei era la parte mancante di lui e viceversa, solo insieme potevano completarsi.
Purtroppo lui dovette partire immediatamente per la sua città natale, Ventimiglia; ma si lasciarono con la promessa di scriversi e di rivedersi un giorno non molto lontano.
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Al ritorno dal viaggio, il tempo scorreva in fretta, tante lettere arrivavano e tante lettere spediva.
Le rileggeva mille volte per aver la sensazione di sentirlo accanto a lei.
Ci sono stati tanti viaggi commerciali da allora e spingendosi a Guastalla incontrò una dama molto dolce e determinata.
Il suo nome era Siria7, dal loro incontro non si staccarono più, entrambe si consideravano come sorelle e questo spinse Serenedi a farle la proposta di diventare sorella putativa.
Alla notizia Siria fece salti di gioia ed entrambe si abbracciarono allungo.
I giorni passavano e Lodi diventava sempre più stretta, il suo fidanzato e sua sorella le mancavano tanto e non sapeva come fare per averli tutti vicino.
Un giorno conobbe due persone splendide, Tancredi e Ladyshivani.
La dolce dama era così premurosa nei confronti di Serenedi; si affezionarono subito l'un con l'altro.
Era una sensazione strana... quando era con loro sembrava di stare in famiglia... la famiglia che aveva perduto per sempre.
Il giorno della loro partenza era arrivata, Serenedi si sentiva persa e frastornata, non voleva allontanarsi da loro.
Così decise di andare da suo padre putativo e spiegargli la situazione.
Ci fu un attimo di silenzio, ma acconsentì, per la felicità della sua piccola.
Si abbracciarono forte quasi come se fosse un addio.
Serenedi corse verso Tancredi e Ladyshivani chiedendogli di adottarla e di accogliere in famiglia anche suo fratello e sua sorella.
Entrambi acconsentirono e poi proseguirono il viaggio verso casa.
La fanciulla li aveva lasciati con un velo di tristezza ma anche tanta felicità, perché un giorno li avrebbe rivisti, ormai erano diventati i suoi nuovi genitori.
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…Qualche mese dopo…
Serenedi decise di fare una sorpresa ai suoi genitori andandoli a trovare.
Tancredi e Ladyshivani quando la videro scoppiarono a piangere, la strinsero a sé e la riempirono di baci.
Dopo qualche giorno di permanenza a Parma i due genitori proposero a Serenedi di diventare la loro figlia, volevano adottarla e dargli il loro cognome.
Da quel giorno si chiamò Christine Eilis dei Rossi, il secondo nome venne scelto dalla sua dolce mamma.
Quel periodo fu uno dei più felici al mondo.
Dopo qualche giorno di assenza a Lodi, ci ritornò per accudire di nuovo il suo campo di mais e conservare un bel gruzzolo per il suo futuro.
Sentì bussare la porta della sua casa; quando aprì si ritrovò un uomo con una lettera in mano.
“Signorina Serenedi?”
Lei lo guardò sbalordita annuendo.
Le porse la lettera e se ne andò.
Era una missiva di sua sorella, che le annunciava il suo matrimonio.
Era così contenta per lei, che decise subito di preparare i bagagli per partire.
Mentre era in viaggio, circolava la voce della scoperta di una nuova città, una colonia.
Si chiamava Udine, molte persone iniziarono a trasferirsi lì per ricominciare una nuova vita.
Tante carrozze erano pronte per partire e lì ci sarebbero stati anche alcuni suoi amici e suo fratello Pier.
Mentre era in viaggio per Guastalla, le arrivavano molte missive, cercando di convincerla a trasferirsi.
Serenedi era pensierosa, sarebbe stata l’unica occasione per vivere una grande storia d’amore con il suo fidanzato.
Lui era intrappolato a Ventimiglia per la chiusura della frontiere e non poteva viaggiare da solo.
La giovane donna decise di mandare una lettera a sua sorella, cercando di spiegarle tutto quello che stava succedendo, finì la missiva dicendo…
“Non voglio perdermi il tuo matrimonio per nessun motivo al mondo, troverò altre soluzioni per ricongiungermi con il mio amore, non preoccuparti.”
La sorella cercò di mandarle al più presto una risposta, ordinandole categoricamente di trasferirsi a Udine e iniziare una nuova vita con il suo amato fidanzato.
Il viaggio per Guastalla fu interrotto e finalmente giunse insieme a Goku verso la loro nuova casa.
I suoi sogni si stavano realizzando, una nuova vita piena d’amore…
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